Secondo il report The true price of jeans, presentato dalla banca olandese Abn-Amro in collaborazione con la ONG Impact Institute, solo nel 2018 sono state venduti 4,5 miliardi di paia di jeans. Ciò significa che ad oggi circa metà dell’intera popolazione mondiale ne possiede almeno un paio. Non si tratta certo di un dato sorprendente, dopotutto stiamo parlando del pantalone più indossato, senza limiti d’età, genere e classe sociale.
Ma che impatto ha sull’ambiente questo amatissimo capo d’abbigliamento?
L’impatto ambientale dei jeans è altissimo
Parliamo innanzitutto dell’impatto del denim, il materiale di cui i jeans sono fatti. Solo per la sua fabbricazione, ogni anno consuma il 35% della produzione mondiale di cotone. Una percentuale così alta implica l’utilizzo non regolamentato di pesticidi e fertilizzante e un uso spropositato d’acqua (10.000 litri per realizzare dei jeans). Non è però solo la realizzazione del tessuto a pesare sull’ambiente.
Secondo lo studio The Widespread Environmental Footprint of Indigo Denim Microfibers from Blue Jeans nonostante le fibre dei jeans siano “naturali”, quando entrano in contatto con l’ambiente, non si biodegradano affatto come si potrebbe pensare – anzi. Le microfibre del denim si limitano a depositarsi su sedimenti naturali: Samantha Athey, coautrice dello studio, le descrive come “fibre di cellulosa antropica”.
La principale causa di ciò sono i coloranti usati sul tessuto, quelli che danno ai jeans il loro caratteristico colore blu. Nel rapporto di Greenpeace “Panni Sporchi” si analizzano 21 campioni d’acqua prelevati dalla città cinese di Xintang, definita “capitale mondiale del denim”. In ben 17 di essi si è rilevata la presenza di cinque metalli pesanti: cadmio, cromo, mercurio, piombo e rame, utilizzati per dissolvere la tinta color indaco e sversati nei corsi fluviali nei pressi degli stabilimenti tessili, causando danni alle acque dei mari dove i fiumi confluiscono, all’ecosistema, ai lavoratori e agli abitanti delle comunità circostanti.
Chi paga davvero i tuoi jeans
Come per qualsiasi altro prodotto figlio del fast fashion, anche per i jeans a pagare per noi il loro prezzo stracciato sono i lavoratori.
Le tinture non sono neanche l’unico problema. Esistono altri processi lavorativi potenzialmente dannosi per chi se ne occupa, come per esempio la sabbiatura. Si tratta della tecnica con cui si può dare ai jeans un aspetto logoro.L’inalazione delle particelle di sabbia che servono a ottenere l’effetto “vintage” mette a rischio la salute dei lavoratori, per i quali l’incidenza di malattie come la silicosi è molto maggiore della norma.
Se pensate che indossare un jeans lavorato con metalli pesanti possa danneggiare la vostra pelle, provate ad immaginare cosa significa dover lavorare a contatto con questi materiali per ore come sono costretti a fare gli operai del settore. Non si tratta di eccezioni: il 90% dei jeans prodotti in Cina viene lavorato con queste modalità pericolose per la salute.
Tutto questo per un salario bassissimo. Non è infatti un caso che buona parte dei nostri jeans arrivi dal Bangladesh, dall’India e dalla Cina. Numerose aziende di abbigliamento appaltano parte della produzione a società che fabbricano tessuti in paesi con manodopera a basso costo e condizioni di sicurezza inesistenti.
Secondo il già citato report The true price of jeans il costo di un qualsiasi jeans davvero sostenibile, sia nei confronti dell’ambiente che dei lavoratori, dovrebbe costare come minimo quaranta euro. Si tratta di una cifra spesso lontana dai costi di produzione del fast fashion, che sacrificando diritti ed ecosistemi riesce a raggiungere i pochi euro.
Noi consumatori cosa possiamo fare?
Negli ultimi anni, con la diffusione delle informazioni riguardo l’insostenibilità della produzione dei jeans, sono nate alternative valide e rispettose nei confronti dell’ambiente e dei lavoratori: ve ne abbiamo già parlato in questo articolo. Inoltre, se avete messo piede almeno una volta in un negozio second-hand o vintage, avrete notato che i jeans sono tra i prodotti più abbondanti. Per trovare il negozio più vicino a te, puoi consultare la nostra mappa.
Non dobbiamo buttar via i jeans che già riempiono i nostri armadi, anzi: far durare il più possibile quelli che già possediamo è un ottimo modo per limitare, almeno in parte, il loro impatto. La durabilità è infatti uno dei principali requisiti che un capo deve soddisfare per essere considerato sostenibile. Nel caso dei jeans, per esempio, la fondazione Ellen Mac Arthur afferma nelle sue linee guida The Jeans Redisign che essi dovrebbero durare almeno 30 lavaggi domestici.
Per prolungare al massimo la vita di un jeans, è generalmente consigliato di non eccedere con la pulizia e di non usare l’asciugatrice. E’ inoltre preferibile il lavaggio a freddo o, meglio ancora, evitare in toto la lavatrice in favore del lavaggio a mano.
Buone notizie
Ovviamente, il peso ambientale dei jeans non può né deve ricadere solo sulle spalle del consumatore. Ad oggi, molti marchi di moda si stanno muovendo in direzioni più sostenibili: Levi’s progetta di sostituire totalmente gli addetti alla sabbiatura con macchine automatizzate, Organic Basics propone una linea di denim in fibre rigenerate e le fabbriche di Everlane operano con un modello closed-loop che permette di riciclare oltre il 98% dell’acqua utilizzata. Esistono inoltre programmi di rigenerazione della fibra come quello di Rifò, nota realtà toscana di moda sostenibile.
Questi sviluppi sono il frutto di due fenomeni: la domanda del consumatore sostenibile e l’utilizzo di tecnologie che garantiscono migliore efficienza. A livello manifatturiero, è stato infatti più volte dimostrato un risparmio economico ed un aumento di efficienza dei processi in seguito all’applicazione di policy legate alla sostenibilità.
E’ dunque innegabile che il modo in cui viene prodotto il denim sia destinato a cambiare e che la direzione di questo cambiamento dipenda sia dal nostro modo di acquistare che dal fermento tecnologico del settore. Non ci resta che fare la nostra parte e sostenere il cambiamento.
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@ecocentrico.o è una giovane realtà digitale che, attraverso gli occhi di due studentesse universitarie, prova ad informare sui cambiamenti che avvengono a livello aziendale, economico, sociale e politico in risposta alla crisi climatica.
Tramite articoli ed esempi concreti, cercano di parlare al lettore a livello personale, senza però tralasciare mai la visione globale.
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Posted at 11:59h, 20 Febbraio[…] un resoconto approfondito sull’impatto ambientale dei jeans consiglio questo articolo di @ecocentrico.o per Il Vestito […]